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La spalliera di glicini

18,00 

La città di Napoli, in particolare il quartiere collinare, dal ’40 in avanti, è la cornice della vita di una donna e della sua famiglia piccolo-borghese.
Il testo rappresenta un amaro j’accuse, temperato da un profondo affetto, verso i genitori, i quali, eccessivamente occupati ad affrontare le quotidiane ristrettezze economiche del dopoguerra, finirono con l’essere assenti in ogni altro aspetto della vita, con gravi mancanze nell’educazione dei figli.

I ragazzi crescono con l’esclusiva esigenza di dedicarsi allo studio per procurarsi un buon lavoro e quindi una esistenza meno mediocre dal punto di vista economico.
Nella loro formazione si trascurano tanti aspetti che preparano alla vita sociale: dalla cura della persona, alla capacità di relazionarsi con gli altri, fino alla scelta oculata del proprio partner.

Alla fine degli anni ’60, la giovane donna, che aveva vissuto in un bozzolo di indifferenza e anche di ignoranza, si trasferisce a Roma col marito. Per una breve stagione si trova a respirare il vento di libertà di quel periodo di contestazione, che faceva apparire tutto possibile e tutto concesso.
Quegli anni di mutamenti sociali, accompagnati da gravi tragedie collettive, per lei costituiscono soltanto lo sfondo — a stento percepito — della sua piccola esistenza.

Nell’analizzare il suo passato per ritrovarlo intero, ella scopre che i tragici avvenimenti del Paese li aveva avvertiti come un lontano brusio…
Adesso si rende conto di aver vissuto durante il periodo di maggiori cambiamenti della società, mentre lei era rimasta sempre uguale a se stessa, con gli identici interessi, gli stessi tabù, gli stessi limiti, incapace di percorrere altra strada che non fosse quella tracciata.

Il senso di inadeguatezza e la stravolta coscienza delle proprie mancanze sono oggetto di una minuziosa, a volte spietata, rivisitazione dei suoi ricordi, che paiono alla scrivente più raccapriccianti che nel momento dell’effettivo vissuto.

Lyan Rodolfi è uno pseudonimo.
L’autrice di Una spalliera di glicini è laureata in Lingue e Letterature Romanze presso l’Istituto Orientale di Napoli. Insegnante di ruolo del MIUR, ha prestato servizio come docente negli Istituti di Istruzione Media Superiore per 40 anni.

Ha soggiornato a lungo in Turchia, in Venezuela e in un Paese dell’Est Europa.
Ha visitato l’Algeria e la capitale dell’URSS negli anni ’70, dove ha ricoperto incarichi presso le Scuole Medie Italiane.
“Comandata” presso il Ministero degli Affari Esteri di Roma, si è occupata dell’amministrazione delle Scuole Italiane all’estero.

Come artista figurativa, ha esposto i suoi dipinti presso le Biblioteche Comunali di Campagnano e di Sacrofano nel 2018 e nel 2024.
I suoi componimenti poetici hanno ricevuto premi e attestati di merito in vari concorsi, tra cui il Tour Music Festival, nel quale il suo testo Un piatto di spaghetti ha ricevuto una lusinghiera valutazione da parte del Maestro Mogol.

Descrizione

La città di Napoli, in particolare il quartiere collinare, dal ’40 in avanti, è la cornice della vita di una donna e della sua famiglia piccolo-borghese.
Il testo rappresenta un amaro j’accuse, temperato da un profondo affetto, verso i genitori, i quali, eccessivamente occupati ad affrontare le quotidiane ristrettezze economiche del dopoguerra, finirono con l’essere assenti in ogni altro aspetto della vita, con gravi mancanze nell’educazione dei figli.

I ragazzi crescono con l’esclusiva esigenza di dedicarsi allo studio per procurarsi un buon lavoro e quindi una esistenza meno mediocre dal punto di vista economico.
Nella loro formazione si trascurano tanti aspetti che preparano alla vita sociale: dalla cura della persona, alla capacità di relazionarsi con gli altri, fino alla scelta oculata del proprio partner.

Alla fine degli anni ’60, la giovane donna, che aveva vissuto in un bozzolo di indifferenza e anche di ignoranza, si trasferisce a Roma col marito. Per una breve stagione si trova a respirare il vento di libertà di quel periodo di contestazione, che faceva apparire tutto possibile e tutto concesso.
Quegli anni di mutamenti sociali, accompagnati da gravi tragedie collettive, per lei costituiscono soltanto lo sfondo — a stento percepito — della sua piccola esistenza.

Nell’analizzare il suo passato per ritrovarlo intero, ella scopre che i tragici avvenimenti del Paese li aveva avvertiti come un lontano brusio…
Adesso si rende conto di aver vissuto durante il periodo di maggiori cambiamenti della società, mentre lei era rimasta sempre uguale a se stessa, con gli identici interessi, gli stessi tabù, gli stessi limiti, incapace di percorrere altra strada che non fosse quella tracciata.

Il senso di inadeguatezza e la stravolta coscienza delle proprie mancanze sono oggetto di una minuziosa, a volte spietata, rivisitazione dei suoi ricordi, che paiono alla scrivente più raccapriccianti che nel momento dell’effettivo vissuto.

Lyan Rodolfi è uno pseudonimo.
L’autrice di Una spalliera di glicini è laureata in Lingue e Letterature Romanze presso l’Istituto Orientale di Napoli. Insegnante di ruolo del MIUR, ha prestato servizio come docente negli Istituti di Istruzione Media Superiore per 40 anni.

Ha soggiornato a lungo in Turchia, in Venezuela e in un Paese dell’Est Europa.
Ha visitato l’Algeria e la capitale dell’URSS negli anni ’70, dove ha ricoperto incarichi presso le Scuole Medie Italiane.
“Comandata” presso il Ministero degli Affari Esteri di Roma, si è occupata dell’amministrazione delle Scuole Italiane all’estero.

Come artista figurativa, ha esposto i suoi dipinti presso le Biblioteche Comunali di Campagnano e di Sacrofano nel 2018 e nel 2024.
I suoi componimenti poetici hanno ricevuto premi e attestati di merito in vari concorsi, tra cui il Tour Music Festival, nel quale il suo testo Un piatto di spaghetti ha ricevuto una lusinghiera valutazione da parte del Maestro Mogol.

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